Un gesto memorabile di Scipione l’Africano (Noctes Atticae, Libro 4, Paragrafo 18, Sezioni 7 – 12) | AULO GELLIO

Versione originale in latino

[…] Item aliud est factum eius praeclarum. Petilii quidam tribuni plebis a M., ut aiunt, Catone, inimico Scipionis, comparati in eum atque inmissi desiderabant in senatu instantissime, ut pecuniae Antiochinae praedaeque in eo bello captae rationem redderet; fuerat enim L. Scipioni Asiatico, fratri suo, imperatori in ea provincia legatus. Ibi Scipio exsurgit et prolato e sinu togae libro rationes in eo scriptas esse dixit omnis pecuniae omnisque praedae; illatum, ut palam recitaretur et ad aerarium deferretur.

“Sed enim id iam non faciam” inquit “nec me ipse afficiam contumelia eumque librum statim coram discidit suis manibus et concerpsit aegre passus, quod, cui salus imperii ac reipublicae accepta ferri deberet, rationem pecuniae praedaticiae posceretur.

Traduzione all’italiano

[…] Di lui è da rimarcare allo stesso modo un altro episodio. Certi Petilii, tribuni della plebe, a quel che si dice sobillati e spinti contro di lui da M. Catone, nemico di Scipione, chiedevano con grande insistenza in senato che egli facesse il rendiconto del denaro di Antioco e del bottino preso in quella guerra; infatti egli era stato luogotenente di suo fratello L. Scipione Asiatico, comandante in capo in quella provincia. Allora Scipione si alzò e, tirato fuori da un lembo della veste un libro disse che lì erano annotate tutte le somme di denaro e il bottino (preso); disse poi che quel libro era stato da lui portato proprio per essere letto di fronte a tutti e messo nell’erario. “Ma ora non lo farò più – disse – e non mi disonorerò da me stesso”, e immediatamente con le sue stesse mani davanti a tutti strappò il libro e lo ridusse a pezzi, perché non riusciva a sopportare il fatto che si chiedesse di rendere conto del danaro facente parte della preda di guerra a chi doveva essere attribuita la conquista della salvezza del dominio e dello Stato romano.

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